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Intervento del Ministro Lamorgese al convegno online “Il mutamento della mafia: i fondi europei e le terre liberate”

Il Ministro Lamorgese è intervenuta al convegno online “Il mutamento della mafia: i fondi europei e le terre liberate” rivolto agli istituti scolastici italiani, che ha visto la partecipazione di oltre 60 scuole e 5 università; di seguito riportiamo il discorso integrale.

Data:
21 Giugno 2021

Intervento del Ministro Lamorgese al convegno online “Il mutamento della mafia: i fondi europei e le terre liberate”

Il Ministro Lamorgese è intervenuta al convegno online “Il mutamento della mafia: i fondi europei e le terre liberate” rivolto agli istituti scolastici italiani, che ha visto la partecipazione di oltre 60 scuole e 5 università; di seguito riportiamo il discorso integrale.

“Avere ragionato oggi di contrasto alle mafie e dei risultati raggiunti, dinanzi a una folta platea di studenti in collegamento da tutta Italia  – con la partecipazione di oltre 60 istituti e 5 università – ci ha consentito di svolgere un’importante riflessione sulle prospettive di futuro del nostro Paese, dandoci fiducia che la direzione presa vada effettivamente verso la costruzione di una società più giusta e coesa. Le giovani generazioni stanno dimostrando – anche attraverso la partecipazione a iniziative come questa – una evidente consapevolezza della stretta connessione tra legalità e concrete possibilità sia di crescita, in primo luogo culturale e professionale, sia di sviluppo di una collettività che dà valore ai temi della professionalità, del merito e della civile convivenza.

In particolare il liceo “Meli” ha da lungo tempo intrapreso un percorso di sostegno a un’idea formativa che considero centrale nell’educazione dei ragazzi, ossia quella dell’impegno e della responsabilità attraverso comportamenti quotidiani proattivi, ispirati al rispetto delle regole quale mezzo per accrescere diritti e opportunità.

Ricordo, al riguardo, l’assise nazionale contro la mafia – aperta dai saluti del Presidente Pertini – organizzata il 21 febbraio del 1984 presso il Teatro Politeama di Palermo nel periodo della seconda guerra di mafia, manifestazione a cui parteciparono migliaia di studenti, lanciando un messaggio forte di non assuefazione alla violenza mafiosa e di apertura a un reale cambiamento, mettendo da parte atteggiamenti di indifferenza o di acquiescenza.

Nella medesima direzione, l’inaugurazione della “strada della legalità”, al termine dell’odierna iniziativa, assume un valore altamente simbolico che contribuirà sicuramente a ricordare il sacrificio dei molti uomini delle Istituzioni – tra cui lo stesso Borsellino, che è stato studente presso questo Liceo – per scardinare la percezione della mafia quale condizione inevitabile o addirittura “normale” in determinati contesti.

Ho già avuto modo di sottolineare come in Italia si sia strutturata, da tempo, una vera e propria “rete” della legalità, in cui Istituzioni e società civile stanno costruendo un “comune sentire” che rappresenta il vero punto di svolta nella lotta al crimine organizzato e, in una visione più generale, una precondizione per il rilancio del sistema Paese. Anche quando si sente parlare poco di mafia, perché quest’ultima tende ad avere un “basso profilo” allo scopo di meglio portare avanti i propri affari illeciti, occorre infatti tenere sempre in mente che i sodalizi, nel tentativo di appropriarsi indebitamente di risorse pubbliche e di accaparrarsi posizioni dominanti sui mercati, sottraggono opportunità di lavoro e di sviluppo, specie ai giovani.

L’imprescindibile azione repressiva – i cui significativi risultati sono stati illustrati oggi – deve essere necessariamente accompagnata da una rivoluzione culturale, il cui motore propulsore non può che essere la scuola, quale Istituzione capace di accrescere conoscenze e sviluppare un’indispensabile attitudine all’interpretazione e alla lettura della realtà. A ciò si aggiunga che il nostro Paese ha saputo costruire una moderna legislazione, all’avanguardia nel contesto internazionale, grazie alle intuizioni di uomini delle Istituzioni che hanno portato l’azione investigativa a strutturarsi secondo un innovativo modello organizzativo di “squadra” (la Direzione nazionale antimafia) concentrandosi proprio sui flussi di denaro e sugli arricchimenti illeciti.

Lo stesso strumento del protocollo di legalità, ispirato da Giuseppe Antoci, è divenuto un paradigma nella lotta alla mafia, quale modello cooperativo per prevenire infiltrazioni nel tessuto economico sano. Il cosiddetto “protocollo Antoci” ha impresso una importante svolta in un settore cruciale come quello agricolo, inizialmente in Sicilia, rendendo obbligatorie le verifiche antimafia per le concessioni di terreni agricoli demaniali che usufruiscono dei fondi europei, secondo un principio poi divenuto legge dello Stato. Si pensi al riguardo che, nel solo arco temporale ricompreso tra il 2014 e il 2020, l’Unione europea ha impegnato 408 miliardi di euro per il settore agricolo, ossia il 39% circa dell’intero bilancio.

La mafia, non dimentichiamo, nasce proprio nelle “campagne”, tentando poi di allargare la propria sfera di influenza all’intera filiera agroalimentare che, anche a seguito dei processi di globalizzazione dei mercati, continua a rappresentare uno dei suoi principali ambiti di “investimento”. Si atteggia sempre più come “impresa moderna”, sapendosi rapidamente adattare ai nuovi contesti; è interessata alla terra, non come ritorno alle origini, ma come sguardo verso il futuro, poiché è dal suo possesso che arrivano ingenti finanziamenti. Ciò vale ancora di più nella fase che stiamo attraversando, poiché il settore agro-alimentare, unitamente a quello sanitario, è certamente attrattivo per le mafie a causa della sua indispensabilità.

Questa analisi è stata confermata dall’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazioni nell’economia da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso, che ho ritenuto di istituire nell’aprile dell’anno scorso per mettere in campo uno strumento conoscitivo mirato a rafforzare la capacità di risposta dello Stato nell’anticipare i tentativi di inquinamento del tessuto economico e di condizionamento nei pubblici appalti.

Nonostante le numerose attività di polizia giudiziaria concluse negli ultimi anni, la mafia continua a puntare sul controllo – anche indiretto, per mezzo di prestiti usurai che assoggettano gli imprenditori – di segmenti della catena di distribuzione alimentare, vero e proprio motore economico del nostro Paese, ed è su questo fronte che tutto il comparto della sicurezza pubblica continua a mantenere alta l’attenzione.

Significativo è il lavoro che le Prefetture stanno svolgendo, oggi più che mai, anche attraverso attente verifiche sui passaggi societari, oltre che sui soggetti beneficiari delle misure di sostegno governative. In particolare, al fine di evitare che la criminalità organizzata si appropri di risorse destinate alla “ripartenza”, ho inteso strutturare un sistema di controlli antimafia utilizzando proprio lo strumento del protocollo di legalità. Mi riferisco, nello specifico, ai protocolli d’intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e, rispettivamente, con la società SACE s.p.a. (che gestisce la garanzia statale per i prestiti alle imprese) e l’Agenzia delle Entrate (che gestisce i contributi statali a fondo perduto). Un analogo protocollo è in via di sottoscrizione con Cassa Depositi e Prestiti, incaricata di gestire un “patrimonio destinato” alle imprese di maggiori dimensioni.

Il risultato della complessiva attività posta in essere dalle Prefetture è stato l’aumento del numero dei provvedimenti interdittivi adottati (nel 2020, risultano emesse 2.130 interdittive antimafia, a fronte di 1.541 del 2019, mentre, nel 2021, alla data del 1° maggio, risultano 698 provvedimenti emessi). L’attività info-investigativa sta altresì consentendo una significativa azione di sottrazione alle mafie dei patrimoni illecitamente accumulati: solo nel 2020, sono stati sequestrati beni per un valore di 376 miliardi e confiscati beni per 223 miliardi. Un’efficace strategia di contrasto alla criminalità organizzata passa, infatti, attraverso l’aggressione ai patrimoni accumulati dalle mafie e la loro restituzione al circuito della legalità.  Riappropriarsi delle ricchezze illecitamente accumulate significa, innanzi tutto, dare un segnale credibile di presenza attiva delle Istituzioni sui territori. Significa, altresì, sottrarre ai sodalizi criminali le proprie fonti di sostegno, consentendo, nel contempo, la salvaguardia degli equilibri di mercato e della concorrenza leale.

Nel perseguimento di tali obiettivi, è determinante il ruolo dell’Agenzia Nazionale, sottoposta alla vigilanza del Ministero dell’Interno, che ha come compito l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata a vantaggio delle comunità locali che hanno subìto la presenza sul proprio territorio delle organizzazioni criminali.

Il quadro, a livello nazionale, vede complessivamente 40.844 tra immobili e aziende già destinati per le finalità previste dal Codice Antimafia o ancora in gestione alla stessa Agenzia. Di questi, 17.818 sono gli immobili destinati e 18.518 quelli in gestione, mentre 1.608 sono le aziende destinate e 2.900 quelle in gestione. Un contributo determinate all’azione dell’Agenzia è stato quello del PON “Legalità” 2014-20 che ha investito circa 63 milioni di euro articolati in diverse progettualità, per favorire il riuso dei beni e per supportare la complessiva governance del sistema.

In questo solco, si muovono le iniziative per la riconversione di beni per finalità istituzionali (tra cui i presìdi di polizia) e sociali (centri per donne vittime di violenza, servizi per giovani a rischio devianza), che hanno interessato tutte le regioni Obiettivo (in particolare in Sicilia sono stati finanziati 18 progetti del valore complessivo di 18 milioni di euro). Per rafforzare il sistema di gestione, 1,6 milioni di euro sono stati destinati dal PON a 6 progetti in favore di imprese sociali che gestiscono beni confiscati (tra cui aziende e terreni agricoli), per accrescerne le competenze manageriali e le capacità operative.

Specifici investimenti vanno, inoltre, a potenziare i nuclei istituiti presso le Prefetture individuate secondo il criterio della maggiore concentrazione di beni confiscati (per la Sicilia, sono coinvolte le Prefetture di Catania, Ragusa e Trapani), con un progetto del valore di 7 milioni di euro, che renderà più fluido il processo di assegnazione dei beni.

Infine, alla strategia di valorizzazione di tali beni, è specificamente orientata una apposita misura inserita nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) varato dal Governo, che stanzia 300 milioni di euro per la riqualificazione di 200 compendi da restituire alla collettività per fini di sviluppo economico e sociale, inclusa la creazione di nuovi posti di lavoro.

Contrastare la criminalità organizzata significa anche ridare dignità al lavoro. Non parliamo solo delle quote di mercato sottratte alla libera concorrenza, con un impatto negativo in termini di qualità dei prodotti e delle prestazioni erogate, ma anche dell’odioso fenomeno del caporalato e, più in generale, di un lavoro senza diritti. Lo sfruttamento, presente nelle imprese gravitanti nel circuito mafioso, comporta infatti violazioni in materia di orario di lavoro e di minimi salariali, mancato versamento dei contributi previdenziali, assenza di tutele in caso di infortunio. In sintesi, il lavoro senza diritti rappresenta una grave forma di arretramento civile ed economico.

Anche sotto il profilo dell’immagine del nostro Paese, il fenomeno del caporalato genera un danno reputazionale forte, proprio in un settore di eccellenza nazionale quale l’agroalimentare. Il Piano triennale (2020-2022) di contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato, approvato nel febbraio 2020, va nella direzione del rafforzamento di una “Rete del lavoro agricolo di qualità”, che dà valore alle imprese “virtuose”, garantendo una sorta di certificazione di qualità o etica. Su questo versante, è in via di definizione un protocollo d’intesa con i Ministri del Lavoro e delle Politiche agricole, alimentari e forestali nonché con ANCI, finalizzato a favorire l’attivazione di più efficaci sinergie interistituzionali dalle quali possa derivare, in particolare nelle aree a più elevato rischio di sfruttamento lavorativo, un dinamico avanzamento dell’attuazione delle misure previste dal citato Piano triennale.

Nella medesima direzione, assume centralità il c.d. “rating di legalità”, che costituisce, come noto, un’attestazione attribuita dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato alle imprese che assumono comportamenti ispirati a principi etici. In tal modo, gli operatori economici possono avvalersi di un meccanismo premiale che favorisce l’accesso al credito bancario ed ai finanziamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, alimentando un circolo virtuoso, funzionale ad una crescita economica sana. Ad oggi, sono oltre 8.000, come evidenziano i dati della stessa Autorità, le imprese italiane che operano sul mercato avvalendosi di tale “vantaggio reputazionale”.

Liberare le terre dall’oppressione che la mafia impone, e farlo con l’impegno, la partecipazione e il senso di responsabilità dei giovani, apre a una prospettiva di futuro che, voglio ribadire, infonde fiducia e spinta per la realizzazione di una società più giusta e coesa”.

Fonte: Ministero dell’Interno

 

Ultimo aggiornamento

7 Marzo 2023, 11:04